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Torre San Giovanni (Ugento): i Caraibi nel Salento

Aggiornamento: 18 lug 2022

L’Italia ha sempre avuto forti attenzioni nel corso della sua storia. Quelle di oggi, principalmente d’impronta turistica, sono sicuramente molto differenti da quelle avute secoli fa. La sua strategica posizione da spartiacque tra Oriente e Occidente nel bacino del Mediterraneo, l’hanno fin da sempre fatta apparire agli occhi di altri popoli, come ghiotto bottino da mettere in saccoccia.

E vuoi per la mitezza del clima, vuoi per la fertilità delle sue terre, il Meridione è stato probabilmente la parte più corteggiata del Bel Paese.

Il Salento rappresenta geograficamente il punto più ad est, il tacco sul quale poggia lo Stivale italiano. Un territorio magnifico dalla storia molto complessa fatta di una lunga alternanza di civiltà anche molto diverse fra di loro.

Da queste parti, ora paradossalmente più difficoltose a raggiungersi rispetto ad altre mete, molti erano un tempo i viaggiatori di passaggio. Navigatori per la maggioranza, spesso con intenzioni poco pacifiche.

Proprio in questo risiede il motivo del poderoso dispiegamento di torri costiere che, in epoche lontane, servirono da baluardo per il contrasto dei pericoli provenienti dal mare.

Le minacce ancora vive nella memoria collettiva sono quelle riguardanti scorrerie a firma ottomana. A riprova di questi lasciti storici, “Mamma li turchi!” è un’espressione ancora in auge presso i costumi locali.

Ho fatto questa breve premessa, perché

stamattina sono diretto verso “Torre San Giovanni” in Comune di Ugento (LE). La struttura fu fatta edificare da Carlo V degli Asburgo, imperatore investito anche della corona spagnola e di conseguenza incaricato anche al governo di queste terre, allora sotto l’egida del Regno di Napoli.

Correva l’anno 1563 quando venne costruita e la torre, ancora in piedi, attualmente sotto il demanio militare, rappresenta un preziosissimo avviso ai naviganti sulle temutissime “secche di Ugento”, una sorta di barriera scogliosa che emerge ad una manciata di chilometri dalla riva, abbassando di colpo le profondità dei fondali.

Ozan” (Ugento) è stato un centro messapico di primissimo piano ancor prima di divenire “Auxentum”, un porto di età romana. Ne rendono testimonianza rovine e resti venuti alla luce dopo lo svolgimento di attenti studi e scavi archeologici.

Facendo un balzo avanti, la storia racconta che località Torre San Giovanni si spopolò per lunghi periodi a causa della malaria per poi ripopolarsi e trasformarsi in apprezzato luogo di villeggiatura grazie alle bonifiche operate negli anni Venti del secolo scorso.

Sono nella terra dei due mari e stamattina sono partito dal versante adriatico per raggiungere quello ionico, dove è collocata questa ridente stazione balneare, seguendo un percorso che sega in due la punta del Tacco d’Italia e mi concede di attraversare alcuni centri abitati di medie dimensioni.

Tra questi spicca sicuramente Taurisano, etimologicamente connesso al battagliero animale (Taurus) da queste parti allevato, a quanto pare, in maniera significativa.

Proseguendo verso ovest lungo la provinciale, Ugento mi appare adagiato sui flebili rilievi delle “serre salentine”. Sul punto più alto, spicca il locale castello normanno con le sue imponenti cilindricità adornato di palme e, per un attimo, ho la sensazione di essere finito a latitudini molto più a sud.

Mi separano dal mare una decina di chilometri, lungo i quali regna il nulla assoluto. Gli ulivi, una volta attori indiscussi della campagna salentina, purtroppo sono ormai vestiti dello stesso rossastro della terra che li nutre. Tuttavia, alcuni campi coltivati a mais e granturco ne ravvivano i colori.

Ormai con la destinazione lontana un palmo, il mio naso respira l’aria di quel mare dal quale sono diviso da una fascia di verdi pini. Parcheggio in una radura attrezzata e seguo le indicazioni per la spiaggia che, per farmi sentire ancora più immerso in un contesto naturale, sono incise su cartelli in legno. Il cammino è un breve zigzagare tra rovi, alberi, macchia mediterranea e poi, inaspettatamente, incastrato tra il cielo e la testa di una duna di sabbia bianca, appare uno scorcio di mare lucente.

E’ il sole che lo fa brillare fino a farmi cieco, impallinando l’acqua col suo grosso mazzo di raggi luminescenti. E’ solo l’anteprima del paradiso che non vedo l’ora di gustarmi una volta varcata quella duna. La sabbia è pallida, sottile come polvere da sparo e in netto, bellissimo contrasto con il verde della vegetazione alle sue spalle. Fa da delicata passerella con un mare dalle acque cristalline, striato delle migliori sfumature d’azzurro. Un sontuoso ricamo che può nascere solo da un perfetto sodalizio tra cielo e fondali.

Mancare di farci un bagno, costituirebbe un crimine imperdonabile, uno schiaffo a questa bellezza servita su un piatto d’argento.

Inizia la mia nuotata in queste acque tanto limpide da non nascondere nulla al mio occhio nudo. E quando mi volto verso la battigia e osservo gli ombrelloni di paglia degli stabilimenti, faccio la conta di tutti i buoni motivi che ho per credere di essere davvero in un esotico posto oltreoceano.

Poi, rocce levigate a pelo d’acqua mostrano il dorso come ippopotami in apnea e rendono ancora più suggestivo il miracolo di questi posti.

C’è da star male a Marina di Ugento, non per il caldo ma per l’incantevole scenario che punge e arriva dritto nei nostri cuori.


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