BRESSANONE
La nostra avventura ha inizio dal raccordo che da Modena ci fa imboccare l’autostrada del Brennero, quella secante lunga poco più di 300 chilometri che sboccia nel Sud Tirolo, ai confini con l’Austria. Il famoso valico alpino è una delle porte d’ingresso europee italiane ed è per questo congestionato da una lunga e lenta marcia di mezzi pesanti stranieri.
Giungiamo a Bressanone, che si annovera tra i principali centri della Provincia Autonoma di Bolzano, regione nella regione del Trentino Alto Adige. Questo grazioso borgo prende il nome dal ceppo alpino dei suoi fondatori, i “Brixeneti” e sarà la nostra base di appoggio per i prossimi giorni.
È un giovedì sera, siamo stanchi ma decidiamo comunque di fare un giro. Sparute sono le presenze tra i vicoli della cittadella, per la maggioranza anime gemelle infreddolite che passeggiano sotto palazzine dal profilo curvo, sinusoidale, dalle buffe finestre panciute e sporgenti come grosse pupille. Tecnicismi bizzarri partoriti da matite non più esperte delle mani che sono riuscite a costruirle.
Molte sono le insegne delle locande, poche quelle ancora aperte. Decidiamo di bere qualcosa al caldo in uno dei uno dei localini disponibili e, una volta seduti, potremmo benissimo pensare che ci saremmo riscaldati anche a impianti spenti. L’ambiente emana infatti un tepore che non è solo di tipo termico. Un ottimo calice di Schiava consumato tra le accoglienti plance e arredi in legno, accende i nostri corpi provati dal freddo.
VAL PUSTERIA E LAGO DI BRAIES
La mattina seguente ci spingiamo ancora più a settentrione, nella Val Pusteria, con l’obiettivo di visitare l’ormai iconico lago di Braies, che ormai moltitudini di cineprese hanno celebrato. Quindi tocca deviare dalla SS 249 e arrampicarci per mezzo di un’altra strada su di un massiccio montuoso. È una tortuosa ascesa verso luoghi paradisiaci con un dislivello che supera i 500 metri d’altezza rispetto al tratto che percorrevamo prima.
L’impennata altimetrica produce anche un ulteriore balzo indietro delle temperature. Prima di raggiungerla, leggendo vari cartelloni, ci rendiamo conto che questa rinomata attrattiva naturale è meta di innumerevoli visitatori soprattutto durante la bella stagione.
Purtroppo il lago, insieme a tutto il suo contesto circostante, sono integralmente seppelliti sotto una spessa coltre bianca di neve. Non ci resta che immaginarne i magici colori nascosti sotto quel candido lenzuolo.
VAL D'ISARCO: RENON E LE SUE PIRAMIDI NATURALI
Abbiamo l’imbarazzo della scelta di valli disponibili nel circondario, possiamo addirittura permetterci di fare uno zapping e cambiamo valle come fossero canali televisivi. Perciò traslochiamo nella Val d’Isarco. Da questa parte lo scenario appare diverso sotto un sole raggiante che ha voluto graziarci. Tuttavia, soprattutto in alcuni punti, spira un forte vento pungente, il gelido alito della montagna che ci porta in seno. A Renon, quattro case sparse e appollaiate sul cocuzzolo, il freddo ha congelato le lancette del tempo, preservando quella che sembra una realtà parallela.
Salpiamo su di un trenino, lungo quanto il solo vagone di un Eurostar, che ci accompagna per un breve tragitto di sette chilometri e quattro fermate: Maria Assunta, Sopra Bolzano, Costalovara e Collalbo. Questo grazioso convoglio, molti anni fa, ebbe Sissi la Principessa e Gandhi, illustri passeggeri e villeggianti di queste magnifiche terre. Il tour è un lento pattinaggio sui crinali, una terrazza a rotaie dove possiamo incantarci guardando le spoglie cime delle Dolomiti che come guglie solleticano un azzurro puro.
Ma le sorprese locali non sono ancora terminate. Percorrendo uno sterrato, giungiamo presso un autentico balcone sapientemente ricavato nella roccia che ci sorregge come il dito di un gigante alto mille metri.
Sotto i nostri piedi si apre una paurosa voragine di vuoto e di fronte sono disposte a grappolo queste particolarissime formazioni di fattura morenica, nate grazie alla sedimentazione di particelle staccate dai ghiacciai. Sembrano dei bastoncini color argilla impastati per merito dell’azione combinata della pioggia che scava ed erode la materia e del sole che subito dopo la asciuga e secca. Siamo al cospetto delle Piramidi di Renon, bizzarri e unici monumenti naturali.
BOLZANO: MODERNA FUORI E TEUTONICA DENTRO
Ci abbassiamo di quota e quelle aspre alture si fanno via via meno impervie fino ad ammansirsi quasi come colline. Su questi pendii più domi, l’uomo è riuscito a ricamare ordinati tappeti di vigneti che in settembre riempiranno le botti del delizioso Traminer, indiscusso protagonista delle tavole del luogo.
Atterriamo completamente ai piedi dei monti, all’incrocio tra diverse valli, dove bruscamente si rompe quel religioso silenzio che ovattava le cime al quale ci eravamo abituati. Siamo a Bolzano, capitale del Sud Tirolo che l’Adige, il secondo fiume d’Italia, come uno spadaccino taglia in due come una mela. Entrando dal viale della stazione ferroviaria, ci appare subito l’immagine di una città vivace e trafficata e mentre cerchiamo un parcheggio, ci accorgiamo che il tessuto sociale è piuttosto multietnico.
In questi giorni abbiamo visitato meravigliosi anacronismi gelosamente custoditi sulle alture, ma ora siamo circondati da una realtà urbana al passo coi tempi. Il capoluogo, dai contorni moderni ed evoluti, conserva intatto il suo elegante cuore, quando non addirittura fiabesco nelle rotonde architetture di certe sommità di palazzi. Pur trovandosi dentro i confini italiani, l’impronta urbanistica è decisamente, forse anche paradossalmente, di stampo mitteleuropeo.
Di questa ambiguità strutturale, nettamente scostata dagli stereotipi cittadini nazionali, ne è testimonianza la principale piazza dedicata ad uno dei maggiori esponenti letterari germanici, il poeta Walther Von der Vogelweide.
Proprio qui sorge il duomo di Santa Maria Assunta, l’artistica ciliegina sulla torta eretta in tutta la sua magnificenza tardo gotica.
Febbraio è agli sgoccioli, l’inverno spara i suoi ultimi colpi, eppure per i vicoli animati dalle bancarelle e affollati dalla bella società autoctona, sembrano ancora giorni di Natale. Sarà forse per il contesto o i fumi degli strudel caldi, ma qui la primavera pare piuttosto lontana.
RIVA DEL GARDA: INCANTO E ARIA DI PRIMAVERA
Prima di chiudere definitivamente questa parentesi, decidiamo di far tappa a Riva del Garda, percorrendo a ritroso la Brennero dell’andata. Mai scelta fu tanto azzeccata e così possiamo dare ancora seguito a questo breve sogno tra luoghi incantati.
Siamo nella valle dove il Sarca si tuffa nel primo dei nostri laghi, tornando dai maggiori ghiacciai italiani, Adamello e Presanella. È esattamente qui che ributta, nell’estremo spigolo del lago che possiamo ammirare una volta scavalcato il Monte Altissimo.
Siamo commossi quando tutta questa bellezza resa nitida da un sole accecante, ci coglie all’improvviso come un pugno in pieno volto. Il minuscolo borgo si sviluppa lungo la riva lacustre, nel punto d’intersezione tra due spettacolari costoni che sembrano due mani unite a conca a sorreggere un’acqua azzurro rubino.
È un’esperienza multisensoriale, arricchita dall’acre aroma degli agrumi immersi tra la pace dei rami degli ulivi. Queste sfumature mediterranee unite al clima decisamente più gentile di quello incontrato nei giorni scorsi, mi sintonizzano perfettamente sulla stessa lunghezza d’onda del posto.
Tenuto conto delle altitudini e della breve distanza con l’Alto Adige, mi stupisco di come la natura possa essere così piacevolmente lunatica nelle sue creazioni e di come, in poco più di un’ora di macchina, sia facile il salto da una stagione all’altra.
Qui, in questi incantevoli borghi affacciati sul lago, puntellati di caffè e palme, dove puoi sdraiarti sui cottoli della spiaggia e spegnere i pensieri mentre la “Ora”, la brezza locale, ti sussurra alle orecchie, dove puoi gustarti la “dolce vita” domenicale, proprio qui puoi capire che la bellezza non ha nessun limite e quante sono le cose per le quali vale la pena di vivere.
RIFLESSIONI
Queste regioni che costituiscono l’orlo dello stivale italiano, sono terre di mezzo, di confine, dove si mescolano pacificamente lingue e culture anche molto diverse. Probabilmente lo dobbiamo in parte alle istituzioni che hanno saputo valorizzare e conservare le tradizioni e garantire piena libertà di espressione a queste popolazioni. Infatti, nonostante sventoli il tricolore, qui in un bar puoi essere salutato, indifferentemente, con un “Buongiorno” oppure con un “Guten Morgen”, a seconda della lingua che parli. Qualsiasi tipo di informazione è scritta in entrambe le lingue, italiano e tedesco.
Un’altra importante lezione che abbiamo imparato, è la cura per l’ambiente. Questi luoghi sono tenuti maniacalmente in ordine, sia all’interno dei locali che fuori per le strade. Tutto è estremamente tirato a lucido e si tende a proteggere i beni e lasciti del passato, lustrarlo con sapienza e custodirlo senza cagionarne stravolgimenti o danni.
Infine, abbiamo notato un gran senso di responsabilità nell’uso e consumo dell’energia elettrica, a cui si attinge in modo attento e razionato.
Il rispetto verso la diversità e il territorio è un fondamentale paradigma che ogni civiltà che possa definirsi tale, dovrebbe emulare.
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