Programmare una vacanza durante le feste natalizie può diventare impresa ardua ed è un postulato che conosce anche il viaggiatore più sprovveduto. In tempi recenti però, abbiamo trascorso molto tempo nei nostri “appartamenti” e, adesso, ci assale un’irrefrenabile voglia di respirare un po’ di estero. E pur di soddisfare questo desiderio, ci saremmo accontentati semplicemente di scavalcare con un piede il confine solo per lo sfizio di ascoltare una nuova lingua.
Come detto prima, non è il periodo giusto per trovare dei voli a buon mercato e non ci restava altro che volgere lo sguardo sulla parte alta dove lo Stivale si congiunge al cuore dell’Europa.
C’è un discreto ventaglio di “vicini di casa” che potrebbero diventare papabili mete e, alla fine, ci orientiamo verso Est.
È profano per un appassionato di geografia misconoscere un luogo, e ancor una capitale europea. Se, anni fa, mi avessero chiesto di Lubiana, certamente non avrei saputo di cosa stessero parlando. E per questa mia ignoranza, pubblicamente faccio ammenda.
Perciò, spronati dalla curiosità oltre che dal vantaggio di poterla raggiungere facilmente in auto, l’abbiamo selezionata come destinazione per il ponte dell’Epifania.
Da Bologna, infatti, approdiamo in Slovenia in scarse quattro ore di viaggio tra Veneto e Friuli, dove, leggendo i cartelli per Udine in doppia lingua (Videm in sloveno) già annusiamo odor di terra straniera. Da lì, in un attimo tocchiamo il suolo sloveno, accolti a sera inoltrata da una spessa coltre di nebbia che a fatica ci permette di distinguere le insegne stradali.
Non saremmo tuttavia in grado di comprenderne i contenuti, a parte “izhod”, la prima parola slovena che incontriamo a cadenza regolare e che traduciamo con facilità, associandola alle uscite autostradali.
Sono circa le ore 22:00, i fari illuminano solo il nostro cammino e le vetture incrociate sono davvero poche. Ai bordi il buio è totale se non fosse per le luci degli autogrill, rigorosamente ed esclusivamente del brand “Petrol”, che si succedono ogni venti chilometri.
Finalmente entriamo nella prima periferia di Lubiana, fatta di piccoli grattacieli addormentati. Raggiungiamo il nostro alloggio in una zona ancora più tranquilla, dove c’è una chiesa e una “sola” (scuola) e i nostri locatori pronti ad accoglierci in perfetto inglese.
Al risveglio è la vigilia dell’Epifania e adesso possiamo finalmente vedere il nuovo contesto a colori. Inizialmente pensavamo fosse una pazzia, ma poi ci rendiamo conto che arrivare in centro in macchina non è affatto una cattiva idea. Tutta la segnaletica è ben intellegibile, le carreggiate sono piuttosto spaziose e gli automobilisti abbastanza disciplinati. Senza contare l’ottima manutenzione dell’asfalto e i semafori rossi che annunciano l’imminenza del verde con un lampo di arancione.
Nei pressi di Cankarjeva Cesta, stradone dedicato ad un celebre letterato autoctono, abbiamo la possibilità di un posteggio a buon prezzo.
Possiamo apprezzare un panorama urbano moderno fatto da alti palazzi e negozi alla moda. Sorseggiamo un caffè in uno chiccoso localino a ridosso del centro e poi ci incamminiamo senza un viatico ben preciso. Antiche viuzze deliziosamente ammattonate, corrono tra graziose casette dalle pitture chiare dai tetti appuntiti come “V” capovolte. Avvistiamo un folto mercato che colora questa grigia giornata con i toni vivi di fiori e frutta di stagione esposti sulle bancarelle come perline.
Siamo sulla riva orientale della Ljublijanica, il fiume che attraversa la capitale slovena e dal quale prende il nome. Il nostro vago peregrinaggio ci conduce in Piazza del Congresso, immensa e degna di un’importante città europea. Il cuore della piazza è verde del parchetto e la nervatura dei sentieri che lo tagliano segue la sagoma di un grande ragno. Non a caso, per l’attenzione rivolta all’ambiente questa città si è potuta laureare “Capitale Green” nel 2016.
Curiosiamo intorno e ammiriamo alcuni palazzi monumentali come l’austera sede dell’Università in stile rinascimentale, edificata nel primissimo Novecento. Ma ci colpisce anche la settecentesca “Casa delle Orsoline” con i suoi spigoli tondi e le colonne dorate che sembra un gigantesco orologio a pendolo in muratura.
Abbiamo appena avuto un assaggio di Lubiana e già ci complimentiamo per aver azzeccato in piena la scelta di visitarla.
Decidiamo di sospendere il tour e puntiamo lassù, sul colle dove è accomodato il castello e sventolano due enormi bandiere: quella nazionale tricolore con il marchio del Tricorno (la vetta più alta del Paese) e il vessillo cittadino rappresentato da un drago, creatura che incontreremo spesso da queste parti per ragioni che poi scopriremo.
Una di queste, leggenda tra le tante che aleggiano, vuole il mitico animale posto a difesa della capitale e poi ucciso da Giasone che, secondo il racconto, ne fu fondatore. La palude dove viveva il drago, secondo alcuni rappresenterebbe il significato del nome Lubiana.
Sostanzialmente, l’area cittadina si sviluppa a ciambella, nella valle ai piedi intorno alla fortezza. L’abbiamo raggiunta dopo un’ansimante salita a piedi e, non ancora sazi di volare in alto, abbiamo scalato la “Torre Panoramica” dalla cui cima abbiamo potuto godere di una fantastica visualizzazione ad angolo giro sulla città. Era come avere un cielo stellato srotolato sotto di noi, dove a brillare erano però le luci cittadine.
Questa sopraelevazione venne studiata per avere uno sguardo molto ampio sul nucleo urbano tale da scongiurare e avvistare tempestivamente gli incendi. Una sorta di radar di scoperta antincendio per le guardie fuoco in servizio.
Il maniero è conservato maniacalmente e internamente sono state allestite diverse mostre e rassegne. Siamo rimasti piuttosto inquietati da quella preparata nelle “patrie galere” dove si sfoggiano fotografie d’epoca che ritraggono prigionieri italiani catturati durante il primo conflitto mondiale e ivi reclusi.
In un altro stanzone invece, una serie di oggetti e materiale multimediale informavano i visitatori sulle fasi salienti della recente storia nazionale slovena, costellata da periodi sicuramente critici prima di autoproclamarsi Repubblica indipendente dalla Ex Jugoslavia, avvenuta nei primi anni Novanta.
Dedichiamo ancora qualche minuto per immortalare la piazza d’armi, attualmente adibita a giardino trendy dove consumare un calice servito da un aristocratico lounge bar. Ma il vuoto in pancia è troppo grande per essere colmato da un semplice aperitivo e tocca riempirlo con qualcosa di veramente nutriente. Fa al caso nostro la “Salsiccia della Carniola” o “Kranjska Klobasa” in lingua locale, specialità gastronomica appunto della regione di cui Lubiana è anche capoluogo. È un bastoncello di carne i cui preziosi ingredienti che la compongono, fanno un invitante color argenteo e si ben accompagna con chicchi di fagioli e un mazzetto di crauti inacetati. È in commercio anche una versione per uno snack più rapido presso gli street food, dove viene venduta imbastita in un cappottino di pasta sfoglia. Inoltre, la cucina slovena offre una vasta gamma di gustosissime zuppe, tra cui quella di funghi versata in una pentolina di pane ricavata dopo averci scavato la mollica.
Le temperature di questi giorni sono davvero gradevoli e ben oltre le nostre aspettative. Ma ci teniamo a sottolineare che qualora fossero state quelle mediamente registrate a queste latitudini, non riuscirebbero comunque a raffreddare il clima caldo e umano che ci ha accolto fin dal nostro arrivo.
Dopo cena, riviviamo Lubiana vestita in abito da sera, accuratamente ingioiellata degli accessori natalizi. Il suo centro trasuda eleganza mista a romanticismo e, manco a farla apposta, la centralissima piazza è dedicata a France Preseren che fu tra i maggiori poeti romantici europei. Qui possiamo apprezzare il più inimitabile tra i guadi sulla Lubiana, il “Ponte Triplo”, il cui primo braccio fu costruito nel 1200 per consentire l’ingresso in città mentre le altre due diramazioni furono aggiunte nel Novecento. Dietro questa meravigliosa intersezione, spicca il rosso della Chiesa Francescana con le sue vestigia barocche sovrastata alle spalle dalla cupola celeste del Grand Hotel Union, la prima struttura ricettiva moderna lubianese risalente al 1904 tutta in Liberty Style della Bella Époque. Uno scorcio tanto singolare e pittoresco da essere immortalato praticamente in ogni negozio di souvenir.
La notte di Lubiana è soprattutto lungo le sponde del fiume, animate da giovani e meno giovani seduti ai tavoli dei bar a sorseggiare un drink, mentre un battello fa la spola sulle acque per un magico tour turistico tutto da gustare.
Questa capitale mitteleuropea trasmette un sentito senso di pace e serena convivenza, oltre che disciplina nel traffico. Per la sua posizione geografica, ha potuto godere del privilegio di assorbire culture anche molto differenti tra loro, incastonata com’è tra Italia, Balcani e Austria-Ungheria.
Ristoratori e commercianti sono molto affabili pur senza essere invadenti e, vista la presenza di molti connazionali, è frequente trovare i sottotitoli in italiano.
È la prima domenica dopo le feste e ormai tutto verrà smontato e noi dovremo ritornare in Italia. Vorremmo un espresso per risvegliare i muscoli ma i pochi caffè di turno apriranno con calma alle 10:00.
Dopo vorremmo fare un giro nel più grande centro commerciale d’Europa e ultimare gli acquisti. Peccato che qui di domenica ci si riposa, si va in gita o si sta in famiglia e nessun esercizio rimane aperto. Anche noi italiani dovremmo imparare questa sana usanza, noi che abbiamo calpestato il giorno del riposo, spesso tappandoci in massa al chiuso a fare compere.
In fondo si tratta di un altro modo di vivere, uno stile "slow", come Slow-enia forse. Non abbiamo ancora oltrepassato il confine che già ci manca.
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